ARIZONA TRAIL RACE 750 miles NO STOP 2016
IL SINGLE TRACK PIU' LUNGO AL MONDO: 1300 Km 26.000 m+
Una palestra per il fisico, un santuario per lo spirito.
ADESSO IL MIO SOGNO E’ NELLE MIE MANI
Non ho mai desiderato così tanto e con tutta la mia fantasia poter essere in questo evento, metterci tutto il mio sudore e provare a realizzarlo.
Da anni questo sogno irrequieto bussava regolarmente alla mia psiche e ogni volta accendeva il mio desiderio.
Forse la calamita mi attirò con forza nell’aprile del 2012 quando in un viaggio con l’amico Alessandro Briscoli (Alex) mi trovai al cospetto su quelle gigantesche lastre, quasi arancioni, rocce stratificate da milioni di anni, che facevano da balconi su alte pareti scoscese e prive di vegetazione di oltre 1500m sopra il mitico fiume, ….il Colorado….
Stavo ammirando le sue fantastiche acque che hanno scavato e creato questa sinuosa spaccatura naturale, la maestosa eleganza del Gran Canyon.
Chissà, mi dicevo in silenzio, se un giorno ci passerò in qualche avventura.
E la mia immaginazione cavalcava libera.
Sono passati anni, pensieri, foto, filmati, avventure, rinunce, fallimenti….. il sogno era li, l’ho solamente spinto da parte, in un angolo, il momento, perché nel frattempo dovevo fare altro.
In questi ultimi anni, dopo aver proposto e fatto avventure no stop in Sardegna, ho accettato l’invito dell’amico Sami a partecipare alla No Stop di 1100 km e 30.000m in Svizzera nel 2015.
Un test per me, coccolando il mio sogno nascosto che era sempre presente nei meandri della mia mente.
Il seme era piantato e stava piano piano spingendo il terreno fertile per mostrare il germoglio.
Il sogno prende corpo e diventa un obiettivo, così cominciano le mie ricerche in modo intenso.
Lo scorso autunno contatto l’amico belga Ghunter che ha partecipato lo scorso anno e mi ha offerto la sua esperienza diretta, devo ringraziarlo per la grande disponibilità e la ricchezza delle informazioni.
Tra ricerche e pedalate nell’entroterra della mia isola tutto stava prendendo forma, mi sono impegnato e divertito nel girovagare sui difficili e selvaggi sentieri, non c’erano i cactus, ma fichi d’india,….insomma un bel campo di allenamento.
Sembrava lontano ma il momento è arrivato, mancano pochi giorni, sono pronto per questa avventura, sia per il bello che posso vedere, ma anche per il brutto che potrò conoscere.
Non mi avvicino per esserci, vado per dare e accettare il limite, partecipare per me significa esplorare e cercare dentro sensazioni e vibrazioni nascoste che non conosco e nessuno potrà mai insegnarmi…. Le posso solo vivere intensamente per conoscerne l’esistenza.
Ed ora dopo 4 anni, per il 15 aprile 2016 giorno della partenza, mi trovo ad avere nella mano il mio sogno, quello che avevo messo un po da parte…..non me lo farò sfuggire questo sogno e lo voglio assolutamente materializzare.
Albo generale AZT750 dal 2010 per la 1250 km e 26.000 m di dislivello positivo.
Ad oggi (2016) solamente 5 biker sono riusciti a percorrere questo percorso in MTB sotto gli 8 giorni e mezzo, considerato tecnicamente il più difficile e tecnico al mondo.
Maurizio Doro ha attraversato il Gran Canyon con bici, materiale, viveri e 4 l d'acqua (23 kg tot) in spalla per circa 40 km in meno di 12 ore.
"Il Maury" del Team Naturaid Montura, a 53 anni è tra questi super fenomeni. Congratulazioni e Cin Cin.
INTERVISTA RACCONTO
“Ho anche pianto di commozione, forse anche per la stanchezza, mai di paura”. Anche se un po' di paura era forse il caso di averne quando hai davanti miglia e miglia di deserto, di pericoli, di incognite. Quando il caldo del giorno ti cuoce la pelle, il freddo della notte ti congela le ossa, i cactus ti graffiano. Quando ti trovi il sentiero sbarrato da un crotalo, quando anche il peso della tua leggerissima mountain bike diventa insopportabile, quando il tuo stomaco è stufo di barrette e carboidrati in polvere da sciogliere nella poca acqua rimasta.
E' il caso di avere paura se non sei Maurizio Doro che, a 53 anni suonati, e con mille avventure da raccontare, va ancora in cerca di emozioni forti per alzare sempre un po' di più quella che è l'asticella dei suoi limiti.
Personaggio notissimo nell'Alto Garda, dove ha sempre vissuto e lavorato, prima di mettere su famiglia a Capoterra, in Sardegna, l'avevamo lasciato lo scorso anno quando era reduce dalla “circumpedalata” del lago Bajkal in Siberia. Più di mille chilometri da solo, sul ghiaccio, dormendo in una tendina che non poteva certo ripararlo dai sinistri boati provenienti dal fondo di questo enorme specchio d'acqua che, per capirci, sarebbe lungo fino a Roma se lo sovrapponessimo al Garda.
La conclusione in bellezza di una carriera che l'ha visto affrontare le sfide più difficili? Neanche per idea. Anche perché il sogno era quello di domare il single track più difficile e pericoloso al mondo, quello che gli americani chiamano AZT750. Circa 1300 chilometri attraverso l'Arizona, dai confini con il Messico allo Utah, con 26 mila metri di dislivello positivo, lungo i sentieri degli indiani. C'è anche il percorso corto, 300 miglia, ma Maurizio Doro, ovviamente non l'ha preso in considerazione.
“Alla partenza – ha raccontato – ci arrivi solo in bici o con la jeep. E' un grande piazzale dove i concorrenti, eravamo in 75 tra percorso lungo e corto, sono completamente abbandonati a loro stessi. Gli organizzatori non ci sono. Loro ci seguono con il Gps e alla fine registrano la nostra prestazione. Il via ci è stato dato alle 7 del mattino e, da lì in poi, nessuno ti può aiutare. Io avevo con me 23 chili di materiale, bici, sacco a pelo, barrette e 4 litri d'acqua compresi”.
Però potevate fare la gara in compagnia...
“Sì, ma nessuno fa questa scelta. Chi si iscrive a manifestazioni come queste è alla ricerca dei suoi limiti e non è certi lì per guardare i cactus o il paesaggio. Io, almeno, cercavo quello che credo sia stato il motore o il propellente di un po' tutte le mie imprese”.
Hai usato molto la bici?
“Abbastanza. Nel senso che c'erano strapiombi terribili a fianco di sentieri strettissimi, quindi bisogna saperla guidare. Nel Gran Canyon, ad esempio, siamo andati tutti con la bici in spalla perché è una riserva naturale ed è vietatissimo mettere le gomme a terra. Sono 2 mila metri in giù ed altri 2 mila in su, il tutto una quarantina di chilometri che ho superato in 12 ore...”
Dormire e mangiare?
“Due-tre ore nel sacco a pelo e poi via. Per il mangiare, invece, barrette e carboidrati, ma nel finale della gara sono entrato in un supermercato e mi sono fatto riscaldare una teglia di pasticcio. L'ho mangiata tutta...”
Pericoli?
“Sempre, visto il tipo di percorso che non ti da un attimo di tregua. Poi ho visto tanti animali, anche un crotalo che era in mezzo al sentiero. Gli ho girato attorno, ma non mi ha degnato di uno sguardo. Era ancora mezzo addormentato per il letargo invernale”.
Almeno all'arrivo c'erano gli organizzatori?
“Macché, c'era poca gente, quasi tutti parenti degli altri concorrenti. Io ero collegato con l'Italia con un mio amico, Francesco Carloni di Arco, che mi segue fin dalla prima impresa, tiene aggiornato Facebook e il mio sito. Era lui a dare le notizie a mia moglie”.
Il tuo nuovo record?
“Otto giorni e otto ore, terzo assoluto con davanti due ragazzi di nemmeno trent'anni. Una bella soddisfazione per un vecchietto come me, visto che sono entrato nel ristretto clan, siamo in cinque, di chi ha impiegato meno di otto giorni e mezzo”.
Ora ti sei ripreso?
“Sì, si. Ho ancora un po' di formicolio alle dita per le notti passate all'addiaccio, ma per il resto tutto bene. Mi sento galvanizzato per essere riuscito ancora ad avere la forza di superarmi e, proprio per questo, ho voluto dedicare questa nuova avventura ai miei figli Andrea e Greta. Vorrei poterla regalare a loro questa forza, visto che hanno appena 10 e 8 anni e tutta una vita davanti”.